Struzzi
📰 Questo è un articolo pubblicato originariamente sulla versione cartacea de La Spinta, Seconda uscita di Luglio 2020. Visita l'archivio e scarica le precedenti uscite.
Quando ripenseremo tra qualche anno all’inizio del 2020 lo ricorderemo come un momento di svolta probabilmente definitiva, non tanto in termini di comportamenti, i “ne usciremo migliori”, a cui io non ho mai creduto, sono già un lontano ricordo, ma quanto piuttosto nella consapevolezza finale che le scelte di impostazione politica e strategica prima o poi presentano il conto e hanno delle conseguenze.
È vero, non lo scopriamo oggi, ma forse adesso lo hanno capito anche tutti gli struzzi che amano tenere la testa sotto la sabbia (che poi mica lo fanno per nascondersi ho scoperto, ma per girare le uova che covano sotto terra, tipo forno). La classe politica italiana è piena di struzzi. Credo che per levare la testa dalla sabbia sia necessario non tanto arrivare già con delle risposte, ma cominciare a farsi alcune domande, giuste e sbagliate.
Quale sarà la prossima epidemia, o meglio, la prossima emergenza? Perché è ovvio che ci sarà, come è ovvio che nel mondo globalizzato e interconnesso in cui siamo immersi qualsiasi emergenza avrà la caratteristica di essere pandemica nella sua diffusione.
La direttrice del Global Compact dell’ONU ha dichiarato che la pandemia è stata un’esercitazione antincendio per la crisi climatica che arriverà.
Sarà quindi la carenza d’acqua, sarà l’immigrazione derivante dalla crescita degli oceani? Saranno i rifiuti, o magari assisteremo ad una pandemia informatica? O sarà l’analfabetismo funzionale? Nessun catastrofismo, ma a furia di farci le domande giuste qualche risposta prima o poi esce, e forse gli anticorpi riusciamo ad averli più pronti e preparati.
In questo scenario le piccole comunità come la nostra hanno l’opportunità di diventare un attore importantissimo.
Se uno dei grandi temi riguarderà le Smart Cities e le città del futuro sarà complementare immaginarci il ruolo dei territori ai bordi della città metropolitana e investire tutte le forze sulla costruzione delle connessioni (infrastrutturali e relazionali) e sulla sua identità: possibilmente complementare e non avversativa, locale ma non provinciale, a misura d’uomo e in grado di attrarre investimenti e lavoro.
Un’identità che andrà costruita investendo tutto il possibile in servizi sulle persone e sul territorio, riuscendo ad intercettare e spendere strategicamente i fondi che arriveranno (forse) dall’Europa.
Abbiamo quindi di fronte una sfida interessante per riuscire a dare un nuovo sviluppo del territorio che ci traghetti nel 2030 con un ruolo da protagonisti. Possiamo vincerla, lavorando sodo e tutti insieme, una volta tanto.