Little forest

📰 Questo è un articolo pubblicato originariamente sulla versione cartacea de La Spinta, Terza uscita di Ottobre 2020. Visita l'archivio e scarica le precedenti uscite.

regia di Yim Soon-rye, 2018

“Perché sei tornata?”
“Perché avevo fame.”

“Little Forest”, film sudcoreano del 2018 diretto dalla regista Yim Soon-rye, è incentrato sull’evoluzione della giovane Hye-won e sul suo rapporto con la natura. Delusa dalla vita in città, dopo il fallimento negli studi e la rottura silenziosa di una relazione sentimentale, la ragazza lascia Seoul e torna in campagna, dove era cresciuta, per reimparare a vivere assecondando il ciclo delle stagioni, ritrovando gli amici di un tempo e ridando un senso alla propria esistenza.
I suoi insuccessi nella metropoli erano dovuti al contesto urbano, che
le condizionava lo stile di vita, a cominciare dall’alimentazione: cibo precotto, con sapore che non dà soddisfazione, consumato in solitudine tra un turno di lavoro e l’altro. Hye-won non scherza quando motiva il suo ritorno a casa dicendo di aver avuto fame.
All’inizio del racconto la giovane appare sciupata, con un colorito poco sano e un’espressione triste, ma con il passare dei mesi si adatta al ritmo della vita in campagna e riacquista energia, motivazione ed entusiasmo.
Il film è un invito al piacere del cibo, sia nella preparazione sia nel mangiare, e prima ancora al piacere di coltivare la terra, con la soddisfazione di potersi nutrire dei frutti del proprio impegno.
La metafora dell’orto da curare si adatta anche all’attenzione da dare ai rapporti umani e il ritorno del sorriso di Hye-won è anche merito degli amici ritrovati, nutrimento dell’anima.
La narrazione è attenta alla coltivazione dei sentimenti, come quelli di
Hye-won per la madre, partita anni prima senza salutare la figlia, lasciandole i ricordi del tempo passato insieme e una lettera, il cui
messaggio diventa comprensibile solo dopo un percorso di crescita
interiore.
Le scelte registiche sono coerenti con il messaggio dei film, votandosi alla apparente semplicitĂ  delle inquadrature e dei gesti, che nasconde una grande valorizzazione dei piccoli dettagli. Anche la sceneggiatura si rivela precisa, incastrando i frammenti di vita nella campagna coreana in un mosaico che unisce la personale ricerca di senso alla condivisione dei piaceri nella comunitĂ .
“Little Forest” tocca con delicatezza corde dell’emotivitĂ , fa venir voglia di cucinare e coltivare la terra, pensare all’importanza dei ricordi, delle proprie origini, della propria casa: un ottimo antidoto contro il cattivo umore e una sponda per riflettere sul proprio posto nel mondo, dove ci si può sentire a proprio agio, dove si può essere a casa.
Film consigliato a tutti ma il pensiero va in particolare a chi per lavoro
deve passare molto tempo in cittĂ , a Milano o altrove. Ricordiamoci che
siamo fortunati ad avere la nostra “piccola foresta” ad Angera.
P.S. Questa analisi mi ha fatto tornare in mente l’estratto di un’intervista
rilasciata da Fabrizio De André nel 1997, che vi riporto: “Nell’attesa continuo a pensare che l’unico tempo veramente sprecato sia quello utilizzato in cose inutili o brutte. Un giovane sioux di undici anni che aveva passato l’estate dai nonni, in riserva, interrogato, al suo ritorno a scuola, su come avesse trascorso le vacanze, rispose: ‘Benissimo. Il tempo era ritornato a essere intero’. Appunto. Noi siamo troppo abituati a segmentarlo, a dividerlo in ore e minuti, in ansie e angosce, dimenticandoci che da piccoli giocavamo intere giornate con un pezzo di legno in cortile,
avvertendo il passare del tempo solo al sopraggiungere della notte, allo
scroscio improvviso della pioggia: avevamo una pura nozione atmosferica
del tempo.”