Editoriale IV-2021
Non vi capita mai di guardare un film dove c’è un mucchio di gente e sentire la necessità di gridare “ASSEMBRAMENTO!!”? Molti sostengono che ormai saremo condannati alla distanza e che saremo più attenti a chi e cosa tocchiamo. Altri invece stanno aspettando con ansia la riapertura per
buttarsi a pogare al primo concerto punk che troveranno. Molto probabilmente la verità cadrà in mezzo, generando un “effetto elastico”. Del resto se guardiamo al passato cercando un confronto la fine di eventi tragici come la seconda guerra mondiale ha portato alla nascita del jazz, al consumismo e al divertimento stile grande Gatsby o Cotton club, il tutto condito da una spruzzata di patriottismo, più o meno marcata, che portava a bombardare i nemici per difendere la propria terra (si legga stile di
vita). Peccato che però, i virus, non si possono bombardare. Ma oggi c’è un elemento in più di allora in grado di mescolare le carte: internet.
Infatti credo che la domanda più frequente che ci porremo d’ora in poi davanti a qualcosa da fare sarà: c’è qualche ragione per non farlo online? E il successo delle attività in futuro girerà tutto intorno a come si riuscirà a far rispondere “sì” a questa domanda le orde di potenziali consumatori/clienti. E poi, più filosoficamente, se i sistemi di comunicazione si evolveranno ulteriormente, l’online sarà ciò
che ci unirà con il mondo o che ci distanzierà localmente?. Nessuno lo sa. Come non saprei nemmeno dire se la crisi dovuta al virus abbia saputo unirci o distanziarci, in senso lato. E’ vero che nella corsa
al vaccino il mondo si è unito in un unico obiettivo, ma è anche vero che la Russia non ha pensato due volte di fare la linguaccia agli Stati Uniti chiamando il suo vaccino “Sputnik”. Parlando di vaccino
poi una cosa va detta, che siamo talmente presi a chiederci se il vaccino è sicuro e funzionerà, e alzi la mano chi anche nel profondo un po’ scettico non lo sia stato, che non stiamo prestando attenzione alla tecnologia che sta alla base di questo vaccino, che potrebbe essere l’alba di un mondo nuovo nella cura delle malattie, non solo dei coronavirus, ma anche di certi tipi di cancro. In un certo senso, il virus ci ha costretto ad accelerare una ricerca che stava forse andando troppo lentamente. Per anni infatti non si è capito come inserire l’mRNA nel corpo umano e durante la pandemia si è scoperto che bastava agglomerarli in gocce di grasso (lipidi). Restiamo in attesa di sviluppi. Così come vedremo gli effetti che il teleworking genererà: lavoreremo più vicini a casa e avremo più tempo per andare dall’estetista e a fare l’aperitivo o magari proseguiremo quello che abbiamo iniziato in quarantena (io ormai so fare ogni tipo di pane) ma per conservare questo privilegio dovremo riuscire a non abbassare la qualità del nostro lavoro. Forse ci stiamo accorgendo che è molto più sano questo nuovo rapporto tra vita lavorativa e tempo libero, o che vale la pena anche spendere un po’ di più per il cibo che mangiamo se questo ha il valore di essere stato prodotto e venduto sotto casa.
Il mondo post lockdown consentirà anche di far rivivere le piccole città, ripopolandole anche di giovani, soffocati dagli affitti sempre più alti di città come Milano, Londra, Madrid, che potranno trovare in piccole realtà come Angera, relativamente vicine, dei piccoli paradisi naturali dove vivere
in maniera più sostenibile. Inoltre, gli spazi lasciati liberi dalle aziende e dagli uffici in città consentirà di riorganizzare la metropoli attraverso un’evoluzione dell‘urbanistica.
E comunque, io che sono angerese un po’ per caso dopo aver vissuto a Barcellona per sette anni, venivo presa in giro da mio fratello per questa scelta, lui che vive in giro per l’Europa, ma il Natale lo ha fatto qui ad Angera, un po’ costretto, aveva annunciato che sarebbe rimasto qui poco, ci ha salutato dopo un mese e mezzo un po’ commosso e sono pronta a scommetterci: torna qui anche per Pasqua.