Ospedale Carlo Ondoli: anno zero
📰 Questo è un articolo pubblicato originariamente sulla versione cartacea de La Spinta, Prima uscita di Febbraio 2020. Visita l'archivio e scarica le precedenti uscite.
Da anni si discute sul destino dell’ospedale C. Ondoli e da anni si assiste ad un progressivo impoveri mento in termini di personale, servi zi e progetti. Abbiamo ascoltato promesse alle quali abbiamo dovuto credere sempre meno. Nell’ultima riunione pubblica si è definito il momento attuale dell’ospedale come “punto zero”; vedremo nei prossimi mesi se si sarà trattato di un positivo punto di riavvio o piuttosto del definitivo collasso. Ciò che avvilisce maggiormente è lo stato in cui lavora il personale sanitario che, pur non conoscendo il proprio destino, cerca di dare il massimo.
Nell ultimo periodo l’impoverimetno è stato particolaremente importante:
- chiusura del punto nascite e del reparto di pediatria;
- chiusura del servizio di oncologia;
- soppressione delle figure apicali; 4. riduzione posti letto in medicina da 44 a 30:
- riduzione delle attività di radiologia per dimezzamento del personale da 4 a 2; 6. riduzione delle attività di laboratorio per trasferimento delle analisi a Varese.
Questo clima da smobilitazione ha determinato un abbandono del personale medico, che preferisce licenziarsi per emigrare verso altri ospedali che garantiscano un futuro più sicuro. Si sono dimesse due gastroenterologhe e una cardiologa, con la conseguente riduzio ne delle sedute di endoscopia da 3 settimanali a 2 al mese. Dalla chirurgia se ne sono andati tre chirurg la conseguenza è stata anche la chiusura di quasi tutti gli ambulatori specialistici. Si spera che i dimissionari verranno sostituiti ma, al di là delle buone intenzioni che i dirigenti hanno manifestato, non sarà facile trovare personale che voglia venire a lavorare in questa situazione di incertezza. Si sta perseguendo l’obiettivo di centralizzare la sanità per ridurne i costi, in tal modo il malato sarà allontanato dalle piccole strutture ospedaliere anche per le patologie minori, aumentando i tempi di attesa negli ospedali maggiori e il disagio dei trasferimenti. Con questa politica il diritto alla salute di molti cittadini sarà fortemente limitato. Il nostro piccolo ospedale potrebbe invece svolgere ancora la sua funzione di raccordo tra gli utenti e le grandi strutture. Occorre però che l’organico del personale venga potenziato e, soprattutto, motivato da un progetto che lo coinvolga Abbiamo ascoltato le ultime promesse: l’infermiera e l’ostetrica sul territorio, il ripri stino del sevizio di oncologia, l’aumento delle specialità negli ambulatori, venti posti letto per subacuti. Siamo come sempre fiduciosi, fino a prova contraria, ma saremo ugualmente ben attenti nel verificare che le promesse della Direzione generale non rimangano solo sulla carta. Il nostro impegno futuro sarà quello di vigilare sulla evoluzione dei progetti e sui tempi della loro attuazione.